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DILETTANTISMO E PANDEMIA: E ADESSO? PARTE 1

by Valerio Campagnoli

Inutile stare a parlare dei danni della pandemia, sembra anzi quasi irrispettoso preoccuparsi dello sport quando la virulenza del Covid-19 sta mietendo vittime a tutto spiano, con le apocalittiche immagini di ospedali al collasso, funerali in fretta e furia e intere famiglie che non riescono a vedere i propri cari per via degli accessi sbarrati al pronto soccorso. Non è facile, certamente, preoccuparsi del dilettantismo quando nemmeno si saprà se usciremo vivi da tutto questo.

Non scherziamo e non vogliamo nemmeno essere esagerati nell’affermare che viviamo, da nemmeno tre mesi, la più grande tragedia planetaria dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’Italia, poi, ha vissuto gli Anni di Piombo, la stagione delle mafie, dei terremoti, dell’eroina e dell’AIDS che ha spazzato via intere generazioni a cavallo tra i Settanta e i Novanta. Nulla però di paragonabile a ciò che non ha una circoscrizione territoriale, e che colpisce indistintamente giovani e anziani.
E’ pur vero che, come in ogni ambito produttivo, il calcio dalla Serie A alla Terza Categoria merita dignità non solo e non tanto per via dell’ardore di chi scrive, di chi gioca, di chi narra di pallone. Superfluo (ma degno di un repetita iuvant) ricordare come il calcio, e tutti gli sport, siano asset economici di importanza strategica per il Paese. Nondimeno, ne va del benessere psicologico di giovani e meno giovani, alle prese con rischi di burn-out terribili.
Conseguenze che, se la pandemia dovesse protrarsi, avrebbero strascichi tremendi negli anni a venire, anche a livello di bilancio sul Servizio Sanitario Nazionale. E’ bene dunque cominciare ad affrontare il problema dello stop ai campionati: domanda che senza meno, a Via Allegri così come a Via Tiburtina, sede della LND, si saranno posti: è il loro lavoro, è la loro prerogativa. Terminare la stagione, assegnare i titoli seppur dimezzati, stabilire promozioni e retrocessioni.
Di certo, nessuno vuole rischiare (e far rischiare) la pelle propria e altrui. C’è tuttavia un campionato che, almeno ai due massimi livelli (Eccellenza e Promozione) si è disputato per la sua maggior parte. Gironi di ritorno già iniziati, in moltissimi casi con testa a testa che vanno risolti per evitare che sforzi economici ingenti vadano buttati alle ortiche. Ci sono diverse opzioni percorribili, a seconda di come (e questa è la priorità) e quanto la pandemia ci possa lasciar tregua.
La prima d’esse, potrebbe indubbiamente tradursi in uno stop definitivo ai campionati. Le classifiche rimangono congelate, da lì si stabilirà chi vince, chi sale e chi scende solo in un secondo momento. Concentriamoci su Eccellenza e Promozione: aspettandosi un paio di mesi di stop, si potrebbe rimandare il discorso a quest’estate: qualora il numero dei casi scendesse notevolmente o si azzerasse, si potrebbe decidere tutto tramite playoff o playout.
L’occasione sarebbe storica per il calcio laziale, e anche uno stimolo in più per tanti nell’avvicinarsi al calcio “dei grandi”: partite serali, da giocare in gradevoli cornici fresche e con un volano economico in più per tanti circoli che, al netto dei centri sportivi per bambini, non avrebbero altrimenti un altro introito economico. Si potrebbero addirittura terminare i campionati regolarmente, qualora -ce lo auguriamo- la curva dell’emergenza scendesse drasticamente.

Valerio Campagnoli