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by MassimilianoLergetporer

Ieri giocatore, oggi allenatore e fondatore del Mundial Football Club: scopriamo insieme il percorso di Emanuele Minunzio.

Alla scoperta di Emanuele Minunzio

Emanuele Minunzio è un ragazzo giovane che prima dei vent’anni è stato costretto ad appendere gli scarpini al chiodo per un problema di salute. Nonostante questo brutto inconveniente non ha mollato, è caduto per poi rialzarsi inseguendo la sua passione verso il calcio, fondando il Mundial Football Club nel giugno 2020, diventando allenatore Uefa B il 18 dicembre 2021, a 23 anni: “E’ stato un percorso che parte fin da quando ero bambino. Sono andato via da casa a soli 14 anni, mi sono formato fuori in contesti importanti. Appena tornato ad Ostia, ho cercato la migliore società di calcio che c’era in quel momento, avvicinandomi a persone che mi hanno permesso di tornare in campo per stare con ragazzi più giovani”.

I giovani sono alla base di tutto

“I giovani sono alla base di tutto e continuerò su questo modello, dichiara Emanuele Minunzio, concedendo anche la possibilità ai propri ragazzi di farsi visionare stringendo forti legami con società professionistiche, in particolare con la Sampdoria: “L’amicizia che abbiamo con la Sampdoria è molto importante, ma abbiamo stretti rapporti anche con altre società professionistiche. Tanti ragazzi nostri hanno vissuto e stanno vivendo contesti importanti; cito Bologna, Frosinone, Perugia, Pescara. Sono tutti rapporti che si stanno creando nel tempo, adesso sta a noi lavorare sul campo tutti i giorni della settimana, perfezionare un giocatore per dargli questa possibilità”.

Il significato di vincere

Spesso la parola vincere nel mondo del pallone viene associata all’ottenimento dei tre punti o alla conquista di un trofeo, ma per Emanuele Minunzio la vittoria deriva da altro: “Vedere i ragazzi felici, vedere il rapporto che c’è con loro, con noi. Fare l’allenatore e gestire una squadra di calcio non è facile, inizia la mattina presto e finisce la sera, non esistono weekend perché si sta sempre sul campo. Per me è un grosso vantaggio perché sono le giornate più belle, non è mai noioso, non sento mai la fatica. La soddisfazione più grande è tornare a casa la domenica sera e vedere quanta gioia hai dato a questi ragazzi. Si è creata una grande empatia con i gruppi ed è lì che ho capito di aver vinto”.

 

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