- by MassimilianoLergetporer
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in L’intervista
Dal giardino di casa al Mundial, scopriamo insieme la vita calcistica, e non solo, di Simone Macrì.
La voglia di ricominciare
Simone Macrì, calciatore del Mundial ha praticato nuoto fino alla quinta elementare per poi mettersi gli scarpini da calcio per la prima volta con la Pro calcio Tor Sapienza, dove rimase poco tempo perché non riuscì ad essere selezionato per la squadra Elite. Nonostante questo, non ha mai mollato, si è rimesso in gioco per inseguire il suo sogno: “Sin dall’inizio ci avevano avvertito che ci sarebbe stata questa selezione. Io sapendo di essere al primo anno da calciatore già sapevo che sarebbe andata a finire in questo modo. Ho sempre cercato di allenarmi, di migliorarmi, di apprendere il più possibile per poter diventare qualcuno un giorno. L’anno successivo sono diventato titolare in quella squadra, che poi vinse il campionato. I sacrifici di quell’anno mi hanno fatto bene”.
Trasformare l’impossibile in possibile
Gli allenatori ti fanno capire i dettagli, quelle piccolezze che da soli difficilmente riusciamo a comprendere. Un bravo allenatore, invece, riesce anche a tirare fuori dal gruppo una forte carica emotiva, trasformando l’impossibile in possibile: “Il mio primo allenatore è stato Marco Dell’ospedale e lo ringrazierò sempre per come ha lavorato nella testa dei giocatori. La frase che più mi è rimasta in mente è «la differenza la fa la testa e non tanto i piedi». È questo che ci ha colpito e che ci ha portato a levarci tantissime soddisfazioni. Se oggi gioco a pallone ancora con questa mentalità è soprattutto grazie a lui”.
La mia prima volta
Nuoto, calcio a 5 e calcio; tanti sono gli sport praticati da Macrì anche se il cuore batte e batteva principalmente per uno, ancora prima di calpestare il campo verde del Pro calcio Tor sapienza: “Quasi tutti i giorni passavo le giornate in giardino a giocare a pallone con mio fratello. La prima volta che ho visto una partita di calcio mi sono innamorato. In quel giorno stavo dormendo, fui svegliato dalle urla di mio padre e mi misi vicino a lui a guardare la televisione”.
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