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by Lorenzo Giunti

Marco Reus è sceso in campo con la maglia del Dortmund al Signal Iduna Park per l'ultima volta. Oggi nell'ultima giornata di Bundesliga, vinta per 4-0 contro il già retrocesso Darmstadt, una delle ultime bandiere del calcio europeo è arrivato al termine della sua avventura con la maglia della squadra della sua città.

Dopo 24 anni passati tra le giovanili e la prima squadra è arrivato il momento dei saluti tra Reus ed il suo popolo. Un popolo che ha adorato il suo beniamino, artefice di tutti i più grandi successi del Dortmund degli ultimi 12 anni, l'unico superstite rimasto di quel Borussia guidato da Klopp che, insieme a Lewandowski e Gotze, ha incantato il vecchio continente.

Una carriera travagliata quella di Marco, fatta di giocate geniali e goal incredibili ma anche di infortuni e delusioni. Probabilmente tra i giocatori più forti e meno vincenti della storia del calcio tedesco, uno che avrebbe potuto vincere tutto con qualsiasi maglia e che invece ha deciso di restare nella sua squadra del cuore. Tra i talenti più cristallini della sua generazione, uno dei più importanti giocatori tedeschi che, però ha collezionato solamente 3 presenze in un mondiale, appena 2 in un europeo, a causa di quei maledetti infortuni che gli hanno impedito di diventare campione del mondo ai mondiali del Brasile del 2014.

La finale di Champions persa contro il Bayren, la vittoria della Bundesliga sfuggita nell'ultima giornata del campionato scorso contro il Mainz ed una bacheca che vede solamente 2 Coppe di Germania e 3 Supercoppe raccontano di una carriera fatta più di delusioni che di gioie. M allora cosa rimane della carriera di Reus ora che il suo periodo nel grande calcio è passato? Rimane il calcio, quello che Marco ha mostrato al mondo sul terreno di gioco e quell'amore intenso e viscerale con il muro giallo, l'impressionante curva del Borussia Dortmund. Marco Rues ha vinto qualcosa che va al di là dei trofei. Marco Reus è stato amato, amato come pochissimi altri giocatori nel corso della storia, è diventato il punto di riferimento di ogni bambino che, in qualsiasi parte del mondo, con quella maglia giallonera sognati seguire le orme di questo ragazzo che con la stessa maglia addosso è diventato uomo.

Non poteva non salutare con un goal e non poteva farlo con un goal banale, segna una rete delle sue con una pennellata su calcio di punizione. Un momento da lacrime negli occhi per lui e per tutto il popolo di Vestfalia. Poi il pasillo de honor arrivato a 10 minuti dalla fine con tutto il Signal Iduna Park, che ad inizio partita gli aveva dedicato una coreografia, in piedi a manifestare tutto il suo amore per un ragazzo innamorato del Dortmund proprio come loro. E poi c'è chi ha condiviso con lui lo spogliatoio che al momento dell'uscita non può non fermarsi per la passerella dell'addio, fatta di abbracci e strette di mano fino al tunnel degli spogliatoi.

Chiude con un discorso allo stadio concluso da buon tedesco: "Grazie di tutto! La birra d'addio la offro io. Il vostro Marco”. E allora l'unica cosa che rimane da fare, a chiunque non sia riuscito a trattenere l'emozione nel vederlo uscire da casa sua per l'ultima volta, o che abbia semplicemente ammirato le sue gesta sui prati verdi di Germania e di mezza Europa. Rimane da dire: "Marco, grazie di tutto".

 

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