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La Mano de Dìos

by Lorenzo Savi

22 giugno 1986: una data scolpita nella storia del popolo argentino e dei mondiali di calcio

34 anni fa si disputano i quarti di finale della coppa del mondo in Messico tra Argentina e Inghilterra allo stadio Azteca di Città del Messico. Quel giorno salì in cattedra tutto il genio e il talento del migliore di sempre, Diego Armando Maradona. Il nativo di Villa Fiorito segnò una doppietta che mise in ginocchio gli inglesi, a cui non bastò il gol dell'1-2 di Gary Lineker. La decide Dio in scarpe da calcio. Prima con l'astuzia del classico ragazzo di Villa Fiorito che vede arrivare un pallone alto e, capendo di non poterci arrivare, la colpisce con la mano, simulando un colpo di testa. La palla si insacca in rete, ma l'arbitro non si accorge dell'inganno di Diego e convalida il gol, tra le proteste degli inglesi. Quel gol è diventato il simbolo di quel mondiale, soprannominato dallo stesso Maradona la Mano de Diòs, per giustificare il suo tocco come direttamente dovuto alla complicità di Dio. 4 minuti dopo, lo stesso Maradona firma il gol del raddoppio con un'azione che verrà tramandata nei secoli dei secoli. Parte da metà campo e scarta mezza squadra avversaria, compreso il portiere, per poi appoggiare in rete. 11 tocchi, da centrocampo fino alla porta avversaria, accompagnati dalla telecronaca più emozionante di sempre: "Gracias Dios, por el Fútbol, por Maradona, por estas lágrimas. Diegoool, Diegoool". Quest'azione è passata alla storia del calcio come il gol del secolo.
Lionel Messi nel 2007 riprodusse il clamoroso gol di Maradona in maniera quasi identica, scartando mezza difesa del Getafe.
Il gol di Diego, però, valse la semifinale contro il Belgio e la successiva finale vinta  per 3-2 contro la Germania dell'Ovest che portò l'Argentina alla vittoria del Mondiale. Una cosa è certa: il 22 giugno 1986 resta ancora oggi e rimarrà per sempre una data in cui successe qualcosa di incredibile nella storia di questo sport: il giorno in cui Maradona ha dato una nuova espressione al gioco del calcio.

 

Lorenzo Savi